L'ingegnere che è in me si è fatto vivo ed ha deciso di mettermi a studiare...
Nella preistoria, dicono, c'erano delay a nastro ma non entravano in un pedale, costavano un botto ed erano difficili da usare... e non entravano nemmeno in un rack, mi sembra...
Poi con la storia sono arrivati 2 tipi di delay, abbastanza diversi tra loro ed utilizzabili, forse, per scopi diversi...
I primi a comparire sono stati gli analogici.
Un Delay analogico è realizzato in tecnologia bucked brigade device (BBD), cioè “apparecchiatura a catena di secchi”. In pratica, il componente principale del delay analogico (targato 1969, quindi non proprio l'ultimo ritrovato della scienza) era un integrato che al suo interno conteneva un numero significativo di condensatori (256, 512, 1024…); il segnale audio veniva riversato da uno all’altro in catena e, in base alla velocità del trasferimento ed alla quantità degli stadi disponibili, si totalizzava un certo ritardo tra l’ingresso del segnale e l’uscita del medesimo alla fine di tutto il percorso. Per avere un’idea delle dimensioni, la normale BBD a 256 stadi, “clockata” a 8 kHz produceva qualche centinaio di millisecondi di delay time sul segnale.
Per aumentare il ritardo bisognava aggiungere altre celle, con un incremento dei costi di realizzazione che una volta era abbastanza alto oggi un po' meno.
In alternativa si poteva (può) rallentare la frequenza di clock (cioè il passaggio “da un secchio all’altro”) e si poteva ottenere un delay time più lungo a parità di stadi analogici… pagando il costo con un caratteristico abbassamento della risposta in frequenza sulle alte.
In generale tutti i delay analogici soffrono di una perdita progressiva delle armoniche acute (mano a mano che si aumenta il delay) ma questa è proprio la loro caratteristica: un suono caldo, inconfondibile.
I pregi di questa soluzione? Suono caldo (appunto!), organico; comportamento tipicamente storicizzato da decenni di discografia mondiale. Interazione sfruttabile creativamente tra delay time e intonazione.
Difetti? Delay time limitato, spesso inferiore al secondo; rapporto Segnale/Rumore, range dinamico e risposta in frequenza oggettivamente limitati; impossibilità di fare giochetti particolarmente esoterici; funzionano quasi esclusivamente in mono; difficoltà nel reperimento dei componenti di ricambio; prezzo a volte elevato.
VescoFx Cross Delay |
Il secondo tipo sono i digitali.
Una digital delay line è composta da una porzione di memoria RAM più o meno ampia che viene caricata con i dati prodotti dalla conversione A/D del segnale audio (cioè dal segnale audio digitalizzato). Maggiore la RAM, maggiore sarà il tempo di ritardo ottenibile rileggendo il segnale digitale. Un digital delay di medie prestazioni può, nel 2010, tranquillamente superare i 2 secondi di ritardo; se serve più ritardo, basta aumentare la RAM disponibile. Ovviamente, una volta che il suono digitale è ridotto in numeri, ci si può fare quello che si vuole, compresi i giochetti più assurdi (tipo quelli dello Stereo Memory Man with Hazarai, per intenderci o quelli dei prodotti Eventide), creando percorsi di trattamento parallelo, letture in reverse, alternanze e tutto il resto. La risposta in frequenza è costante (se i convertitori sono di qualità) quale che sia il tempo di ritardo; se serve una progressiva perdita di acute, viene opportunamente creata inserendo un filtro low pass lungo il percorso di feedback.
Pregi? Delay time lunghissimo (limitato solo dalla RAM disponibile); rapporto S/R, range dinamico e risposta in frequenza elevatissimi; tutta la comodità dell’elaborazione numerica per sfruttare sistemi di sincronizzazione, tap tempo, reverse, sovrapposizioni, looping, comportamenti paralleli; facilità di configurazione stereo/true stereo; costo più che abbordabile.
Difetti? Mancanza di una tradizione storica (per qualcuno ha la sua importanza…); risposta timbrica fin troppo asettica; se non è ben progettato, è solo un ripetitore di note.
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